Bassa autostima
Che cos’è l’autostima?
Possiamo dire che la nostra autostima è la risultante finale di un insieme di componenti affettive, cognitive e anche sociali.
Essa è, infatti, definita da vari aspetti, alcuni di natura rappresentazionale: cosa penso di me, come mi definisco, dove pongo i miei limiti a livello di azione (anche progettuale) e di relazione.
Altri aspetti dell’autostima investono, invece, una dimensione più affettiva, e cioè il senso di valore che si prova per se stessi, la sensazione di piacersi e di essere adeguati, la fiducia in sé.
In sintesi stiamo parlando di ciò che spesso viene chiamato con l’espressione di “immagine di sé”.
Possiamo provare a metterla a fuoco partendo da un esempio, e cioè dalla descrizione di una ipotetica persona dotata di sana autostima.
Cosa fa e come si comporta nella vita privata e lavorativa una persona di questo tipo?
Come si vive e come vive le altre persone?
Un individuo di questo tipo si conosce piuttosto bene, è consapevole dei propri talenti e dei propri limiti. Possiede una armonica nozione del proprio valore, ha senso dell’umorismo e apprezza le battute di spirito, è sensibile ed empatico con i sentimenti degli altri, ed è in grado di esprimere di volta in volta, a seconda delle circostanze, gli affetti appropriati alla situazione che sta vivendo. Sa usare le sue capacità in modo produttivo e prova gioia e soddisfazione in quello che fa. Ama le sfide e, quando serve, sa anche essere deciso in funzione degli obiettivi che si prefigge sia a breve sia a lungo termine. Sa stringere amicizie anche profonde e durature, caratterizzate da reciprocità e da condivisione delle esperienze, così come è in grado di mantenere in modo autentico una relazione amorosa intima sapendo prendersi cura dell’altra persona.
L’autostima affonda le sue radici in tempi molto precoci della nostra esistenza, ma continua a svilupparsi nel corso di tutta l’infanzia e l’adolescenza. Si appoggia in modo sostanziale alla natura e alla qualità della nostre relazioni con le figure di attaccamento, all’amore, alla cura e all’attenzione che riceviamo, all’intimo senso di sicurezza emotiva che da queste figure possiamo trarre, e quindi alla nostra amabilità.
Una sana autostima porta con sé anche un complessivo sentimento di fiducia nei confronti della vita, delle persone e del mondo, ma anche un sentimento di fiducia in noi, nelle nostre capacità e risorse personali nel fronteggiare di volta in volta le prove e le sfide della esistenza. Possiamo provare ad immaginarla come una sorta di “stabilità” interna che ci consente un buon equilibrio nelle relazioni con gli altri, una corretta valutazione dei nostri diritti e dei nostri doveri, e si accompagna ad una sana nozione di rispetto per gli altri e per noi stessi, senza farci scivolare verso un’eccessiva attenzione ai nostri bisogni o a quelli delle altre persone.
Stiamo parlando, di fatto, come si è intuito, di una rappresentazione di sé, che a sua volta è collegata ad un processo di valutazione di sé.
In certi casi la dimensione dell’autostima può generare problemi di funzionamento personale e lavorativo della persona o riflettersi negativamente sulle relazioni producendo sofferenza emotiva.
Ciò accade sia quando è presente una carenza di autostima sia quando, all’estremo opposto, il soggetto ha un concetto di sé e un senso del proprio valore irrealisticamente ipertrofico.
Per provare ad essere ancora più chiari possiamo parlare di quello che accade quando una persona si colloca, diciamo così, ad ognuno dei due poli estremi di un ipotetico continuum che va dalla totale mancanza di autostima ad un vero e proprio eccesso della stessa.
A grandi linee, possiamo dire che quando la carenza di autostima giunge a livelli tali da giustificare attenzione clinica, e cioè quando la persona è clinicamente depressa (benché esistano ovviamente differenti livelli di gravità), la percezione di sé è di inadeguatezza, la persona si ritiene di scarso valore, l’umore è basso, prevalgono l’autocritica e i toni autoaccusatori. La visione della vita è dominata da pessimismo, subentra un atteggiamento rinunciatario, manca allegria in tutto ciò che la persona fa. Se un suo lavoro viene giudicato negativamente, le critiche la distruggono dentro e anche quando i pareri sono invece positivi riesce a minimizzarli a tal punto da non dare loro peso.
Il rischio è quello di essere ridotti all’inazione dalle prospettive di fallimento e di rinchiudersi in un vuoto rimuginare sulla propria inadeguatezza fino a costruirsi una invisibile prigione di vergogna da cui non si riesce più a uscire, pietrificati dalla paura del giudizio o dal rischio di sentirsi svalorizzati.
All’estremo opposto si collocano coloro a cui l’autostima non fa difetto e che, anzi, si reputano speciali, unici, coloro che sono convinti di meritare solo ammirazione da parte degli altri e non riescono a riconoscere i sentimenti e le necessità di questi ultimi. Siamo nell’area del “Disturbo narcisistico di personalità”.
Si tratta di persone che mostrano un atteggiamento presuntuoso e arrogante, che hanno un senso estremamente sviluppato dei loro diritti e che danno per scontato di dover ricevere sempre trattamenti di favore e di vedere sempre costantemente soddisfatte le loro aspettative. Non si fanno scrupoli ad approfittarsi degli altri per il perseguimento dei loro scopi e tendono ad essere invidiosi o a suscitare invidia.
Affermare che un eccesso di autostima sia un problema, costituisce, nel comune modo di pensare, una affermazione quanto mai strana. In realtà ci riferiamo a situazioni in cui la persona ha una rappresentazione di sé irrealistica, sproporzionata, e un senso del proprio valore tendente all’onnipotenza. Queste persone, prive di una “mappa” realistica di ciò che possono o non possono fare, finiscono per vivere la propria vita personale e relazionale senza avere consapevolezza dei propri limiti e questo può generare dinamiche negative sia entro la persona sia nella relazione con gli altri.
In conclusione, l’idea che abbiamo di noi è inestricabilmente legata ad una nostra valutazione di noi stessi e al valore che riteniamo di avere. Quest’ultimo, in età evolutiva, si costituisce a partire dai feedback provenienti dall’ambiente e dalle persone che ci circondano, in particolare i nostri genitori: i rinforzi positivi e gli apprezzamenti che otteniamo circa le nostre abilità e i nostri risultati in determinati compiti ci danno la misura delle nostre qualità, come delle nostre difficoltà, contribuendo così, poco alla volta, alla formazione di quella che via via diviene, in modo sempre più preciso, la rappresentazione della nostra collocazione nel mondo delle relazioni interpersonali. Tutt’altro che trascurabile in relazione all’autostima è anche l’importanza delle vicissitudini adolescenziali, in quanto l’adolescente trova nel gruppo dei pari un importante luogo di confronto e di crescita, oltre che ricchi stimoli che contribuiscono a plasmarne l’identità dell’adulto che diventerà.
Per affrontare problemi di autostima, contatta il CPP – Centro di Psicologia e Psicoterapia di Torino