Disturbi della genitorialità
La relazione con i figli è a volte costellata da difficoltà, da momenti di stress o di frustrazione, talora difficili da gestire. Un genitore può a volte sentirsi non preparato per il suo ruolo, può arrivare a chiedersi se è un bravo genitore, o arrivare al punto di avere quasi l’impressione che la situazione gli stia sfuggendo di mano, o di non riuscire a “gestire” il proprio bambino al meglio.
Ciò accade in quanto un neogenitore non è tenuto a conoscere le fasi di sviluppo o la psicologia infantile; egli si affida pertanto ai ricordi dell’esperienza vissuta durante la propria infanzia oppure all’istinto. Ma spesso istinto e ricordi d’infanzia sono legati a vissuti, emozioni ed aspetti non elaborati della propria esperienza di un tempo; vissuti ed emozioni difficili di cui non siamo consapevoli, che magari non sono stati “digeriti”, non sono stati trasformati, e quindi ritornano, come intrusi che da un passato lontano vengono ad interferire con le mansioni genitoriali del presente.
La genitorialità è infatti, sul piano psicologico, un processo molto complesso, che comporta innanzitutto un lungo percorso di rielaborazione delle relazioni affettive primarie, cioè delle relazioni affettive vissute con i propri genitori o altri significativi. Ogni persona si appresta a diventare genitore portando con sé un bagaglio di esperienze relazionali, come una sorta di sedimento di quanto vissuto con i propri genitori. Questo “bagaglio” guida come una mappa implicita, non consapevole, la relazione con il bambino, e deve necessariamente riorganizzarsi in funzione del bambino stesso. Ma se in questo “bagaglio” portiamo inconsapevolmente tracce di relazioni difficili e di conflitti non elaborati e non superati, questi potrebbero riattivarsi nella nuova relazione con il bambino e condurre verso una crisi o un conflitto della genitorialità.
La genitorialità è quindi una funzione complessa e sempre in evoluzione, in quanto si modifica e si ristruttura sempre, da prima del concepimento fino all’età adulta del figlio. Ciò accade in quanto entrano in gioco molte variabili, che riguardano non solo la “realtà concreta” (caratteristiche di personalità del genitore e del figlio, età e fase evolutiva attraversata in quel momento, contesto di vita e di relazione della famiglia) ma anche un diverso tipo di “realtà” legata al mondo interno del genitore.
Ogni genitore si trova infatti alle prese nel mondo interno con più aspetti: l’immagine interiorizzata dei propri genitori, l’immagine interiorizzata del bambino che il genitore sente di essere stato per i propri genitori, e l’immagine interiorizzata del figlio così come il genitore l’ha immaginato e fantasticato. Queste immagini interiorizzate rimangono sempre attive nella mente (anche se in modo inconsapevole) e agiscono in modo diverso nelle varie fasi evolutive del figlio.
I genitori ricorreranno alle immagini interiorizzate in modo caratteristico: se i nuovi genitori hanno avuto una storia evolutiva sufficientemente positiva e se le immagini interiorizzate sono sufficientemente adeguate (pur con i normali limiti e con le normali difficoltà che ogni relazione comporta) ogni genitore potrà delegare al proprio figlio l’immagine del bambino sufficientemente amato che sente di essere stato nell’infanzia, e potrà assumere su di sé l’immagine del genitore sufficientemente amorevole che sente di aver avuto.
Tuttavia non sempre, nonostante la buona volontà dei genitori, il processo scorre in modo così idilliaco, ed allora si possono verificare dei conflitti nella genitorialità. Essi si manifestano principalmente quando le immagini interiorizzate che vengono portate all’interno della relazione tra genitori e figlio sono gravate da aspetti non elaborati del passato infantile dei genitori, che vanno così ad interferire con la costruzione della nuova relazione genitore-figlio, dando vita molto spesso a disturbi non solo nella relazione genitori-figlio, ma anche nello sviluppo stesso del bambino.
I conflitti della genitorialità possono essere classificati in tre categorie principali: conflitto nevrotico, conflitto depressivo-masochistico e conflitto narcisistico-dissociato. Questi conflitti (qui indicati in ordine crescente di gravità) differiscono in base al grado di presenza di immagini “parassitarie” che arrivano da un passato infantile ormai lontano dei genitori, ma che vanno ad occupare e alterare in modo inconsapevole la relazione attuale con il bambino, impedendo di costruire una relazione sana, centrata sulle caratteristiche attuali di quello specifico bambino.
Tutti i genitori portano in sé alcuni aspetti di genitorialità normale e alcuni di genitorialità conflittuale. Quest’ultimi si possono manifestare in modo diverso in base all’età del figlio e possono presentarsi anche solo in alcune brevi fasi evolutive. La dinamicità della funzione genitoriale ci consente di ipotizzare una buona possibilità di recupero in gran parte delle situazioni (in assenza di preesistente psicopatologia grave), e in alcuni casi anche in tempi brevi.
Ciò deve passare attraverso una nuova capacità di elaborare ed integrare alcune immagini interiorizzate del proprio passato, arricchendole anche attraverso il nuovo insieme di relazioni che si stanno costruendo nella famiglia attuale. Possiamo così notare come la genitorialità stessa si presenti anche come una vera e propria tappa evolutiva, che contribuisce alla maturazione di entrambi i soggetti coinvolti in questa relazione, e quindi non solo dei figli, ma anche dei genitori.
Per affrontare ogni dubbio sulla genitorialità, contatta il CPP – Centro di Psicologia e Psicoterapia di Torino