Disturbi ossessivo-compulsivi nei bambini
Il disturbo ossessivo-compulsivo si caratterizza per la presenza di ossessioni (pensieri, ruminazioni, o immagini intrusive e ricorrenti), di compulsioni (azioni ripetitive, rituali), o di entrambe. Si può manifestare nei bambini già a partire dai 4 anni, anche se più di frequente si manifesta verso i 6-9 anni oppure in adolescenza.
Sintomatologia: come si manifesta il disturbo ossessivo-compulsivo nell’età evolutiva?
I principali sintomi attraverso i quali si manifesta il disturbo ossessivo compulsivo sono i pensieri ossessivi (cioè pensieri o immagini caratterizzati dall’essere ricorrenti, intrusivi, involontari, spesso spiacevoli, violenti o ripugnanti; essi sono riconosciuti come propri dal bambino, che però sente di non avere su di essi alcun controllo) e le azioni compulsive (cioè comportamenti che il bambino sente di dover attuare imperativamente, rituali cui sente di dover adempiere, quali lavarsi le mani un certo numero di volte o controllare compulsivamente di aver chiuso lo zainetto; ma anche azioni mentali, quali ad esempio contare, ripetere mentalmente alcune parole ecc.).
I pensieri ossessivi vengono percepiti come estremamente disturbanti, pertanto il bambino o il ragazzo tenderà a sviluppare altri pensieri per distogliersi da questi, con un sovrainvestimento del pensiero, oppure a mettere in atto delle azioni e dei comportamenti, anche compulsivi, per provare a liberarsi dai pensieri ossessivi. Il contenuto delle ossessioni può essere diverso in base all’età: un adolescente potrebbe ad esempio avere pensieri ossessivi riguardanti soprattutto tematiche sessuali o religiose mentre un bambino più piccolo potrebbe avere pensieri ossessivi riguardanti la sicurezza o la paura di farsi male. Non c’è un pattern unico, ogni situazione va valutata singolarmente.
Le azioni compulsive vengono attuate con l’obiettivo inconscio di ridurre l’ansia, come una sorta di scarica di una tensione che il bambino sente. Egli può in molti casi riconoscere che le azioni compulsive svolte non hanno un’utilità reale, non hanno uno scopo concreto, e può quindi mettere in atto una serie di tentativi per non sottostare a questa inevitabile necessità di compierle. D’altra parte egli le può percepire come un modo per prevenire un evento spiacevole che altrimenti potrebbe accadere, e quindi essere spinto a mantenere il rituale e a compiere ancora queste azioni.
In merito a quest’ultimo aspetto ci possono essere vari livelli di consapevolezza: un bambino ad esempio può essere sufficientemente consapevole che anche se non dispone tutti i pennarelli dell’astuccio in ordine di colore non significa che uscendo da scuola gli accadrà qualcosa di terribile, nonostante senta forte la necessità e l’urgenza di ordinarli; oppure può essere spaventato dall’idea che molto probabilmente gli accadrà qualcosa di brutto se non sistema i pennarelli in quell’ordine; oppure ancora può essere certo che se non sistema i pennarelli, sicuramente gli accadrà qualcosa di brutto, ed essere pertanto terrorizzato se per qualche motivo non riesce a farlo. Questo diverso grado di consapevolezza si esprime anche a livello sintomatologico con una diversa attivazione neurovegetativa (tachicardia, respirazione alterata, agitazione motoria, ecc.) connessa alla diversa ansia sperimentata, che può arrivare in casi estremi fino ad assumere le caratteristiche di un attacco di panico.
L’ansia connessa al disturbo può inoltre manifestarsi a livello somatico anche attraverso disturbi quali mal di stomaco o mal di pancia, senza che ci sia alla base di essi un effettivo disturbo organico.
L’espressione sintomatologica del disturbo è chiaramente osservabile anche dall’esterno, in quanto le ossessioni e soprattutto le compulsioni si manifestano nella quotidianità e occupano un notevole spazio di tempo nella vita del bambino o del ragazzo (almeno un’ora al giorno), andando di conseguenza a compromettere il suo funzionamento in ambito scolastico, sociale e relazionale.
Il vissuto soggettivo. Come si sentono i bambini con disturbo ossessivo-compulsivo?
Il vissuto dei bambini con disturbo ossessivo-compulsivo è caratterizzato da un notevole livello di ansia; essi si sentono invasi da pensieri e impulsi all’azione sui quali sentono di non avere alcun o scarso controllo.
Molto spesso i pensieri o le immagini sono disturbanti, spiacevoli, violente, e creano stress e tensione. Per liberarsene essi possono ricorrere ad azioni compulsive o a rituali, vissuti anch’essi però con una certa quota d’ansia. Tuttavia, una volta completato il rituale o l’azione compulsiva, il bambino sente finalmente un calo della tensione, una diminuzione del livello d’ansia ed un certo sollievo. Il bambino ha spesso la sensazione di non avere il controllo, ed in questo senso il rituale o il pensiero ossessivo possono essere vissuti come soluzioni (per quanto patologiche) per gestire l’ansia e la sensazione di perdita di controllo.
Tutto ciò si accompagna ad uno scarso accesso all’affettività, mentre prevale l’uso del pensiero: il bambino che pensa ossessivamente ad esempio all’ordine con cui mette i quaderni nello zaino o che li riordina ritualmente sperimenta un calo di tensione e sa che starà meglio, ma non sa ad esempio raccontare l’emozione che sente e che invece sperimenta solo come una generica urgenza finché non ha concluso il rituale o l’ossessione. Può capitare che chiedendo ad un bambino cosa sente, egli ci risponda invece cosa pensa (ad esempio non ci risponderà: “quando metto in ordine mi sento più sereno”, ma più probabilmente ci dirà “quando metto in ordine penso che devo farlo, penso a quello che devo fare”).
I bambini con disturbo ossessivo-compulsivo sentono di solito di dover rispondere a degli standard elevati di comportamento e di pensiero, ed in base a questi definiscono la propria autostima. L’iperinvestimento del pensiero consente di difendere l’autostima anche mantenendo sotto controllo l’affettività e in generale le parti del Sé aggressive, bisognose, spaventate, che non si possono integrare. Di solito questi bambini riescono ad ottenere buoni risultati scolastici, ma pagando il prezzo di una vita emotiva e relazionale spesso impoverita e rigida.
Il vissuto dei bambini con questo disturbo si intreccia inoltre con il vissuto dei genitori, e l’ansia pervade il contesto famigliare: l’urgenza dettata dal disturbo può apparire immotivata ai genitori che magari possono fare dei tentativi per impedire lo svolgimento del rituale, di cui non comprendono l’utilità. In questo caso il bambino sentirà maggiormente l’assenza di controllo, sentirà l’ansia crescere, e non potrà andare verso una sua soluzione attraverso la compulsione, con un possibile irrigidimento nella patologia.
Lo sforzo di mantenere il controllo su tutte le situazioni si manifesta anche nei contesti relazionali: la necessità di contenere l’ansia si rivela attraverso modalità di relazione tendenzialmente rigide, controllanti, dipendenti.
Diagnosi e terapia
La diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo viene fatta in base alla presenza di ossessioni o ruminazioni e azioni compulsive. Alcuni bambini possono avere dei tratti ossessivi (caratterizzati ad esempio da una certa rigidità, dal maggior investimento sul pensiero piuttosto che sull’affettività, da una tendenza al perfezionismo, ecc.) senza per questo avere una patologia. Il disturbo viene invece diagnosticato quando i sintomi interferiscono in modo significativo con lo sviluppo e con il funzionamento sociale, scolastico, relazionale del bambino, ed occupano un tempo importante nella vita del bambino interferendo con la sua quotidianità.
In molti casi sembra essere presente una componente costituzionale alla base del disturbo. Tuttavia il fatto che esso si manifesti prevalentemente in alcune fasce d’età critiche nonché numerose evidenze cliniche fanno ritenere che alla base del disturbo non ci sia solo una componente costituzionale, ma che esso sia fortemente in relazione con il superamento di alcune importanti tappe evolutive e con l’ansia che il bambino sperimenta affrontandole. La maggior frequenza del disturbo infatti si rileva tra i 6 e 9 anni, quando ha luogo l’ingresso nella scuola e nel mondo sociale, e successivamente nella fase adolescenziale, fase in cui il ragazzo inizia ad individuarsi e a costruire i primi aspetti di quello che sarà il suo Sé adulto.
La terapia deve quindi occuparsi della gestione dell’ansia che viene sperimentata insieme a questo disturbo, favorendo anche l’integrazione di aspetti scissi di sé e sostenendo l’integrazione della sfera emotiva con quella cognitiva. In tale direzione va sostenuta anche l’autostima.
Senza un trattamento adeguato il disturbo può diventare cronico e manifestarsi anche nel corso della vita adulta, con il rischio di compromettere il funzionamento sociale, relazionale e lavorativo.
Per ogni dubbio su un possibile disturbo ossessivo compulsivo nel bambino o nell’adolescente è possibile contattare gli psicologi e psicoterapeuti dell’età evolutiva del CPP – Centro di Psicologia e Psicoterapia di via Massena 77 bis, Torino.
BIBLIOGRAFIA
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