Le famiglie ricostituite
Dott.ssa Giuliana Bitelli
Fino a poco tempo fa esistevano soltanto le separazioni e i divorzi, poi sono arrivate le “famiglie ricomposte”, ora, da qualche tempo, il nome più diffuso è “famiglie ricostituite”.
Di quale fenomeno stiamo parlando?
Stiamo parlando di un nuovo scenario ambientale dei nostri ragazzi adolescenti e dei nostri figli più piccoli; stiamo qui avvicinando il fenomeno sociale della separazione dei genitori, sempre più frequente e sempre più diffuso, a cui segue una trasformazione della condizione di separato/a.
Le coppie separate infatti, dopo avere elaborato il trauma della separazione e il lutto della perdita del compagno/a e del padre/della madre dei propri figli, si ricongiungono con nuovi partners e ricostituiscono una coppia genitoriale con un effetto a cascata di ricomposizione della complessa e allargata costellazione familiare.
Siamo di fronte ad un profondo cambiamento della società e della cultura degli affetti relazionali, siamo di fronte ad uno scenario ancora poco conosciuto ma già enormemente allargato e penetrato capillarmente nei rapporti affettivi in cui gli adolescenti crescono. Ciononostante non sappiamo come chiamare le nuove famiglie, i membri delle famiglie ricostituite, non sappiamo quali confini hanno le nuove famiglie, e soprattutto non conosciamo ancora bene le emozioni forti scatenate da questa complessa e sottile rivoluzione.
Facciamo degli esempi:
Mario e Giuseppina, 45 anni lui, 42 lei, si separano: hanno 2 figli adolescenti, Giorgio e Valeria.
Mario trova una giovane compagna trentenne senza figli, Patrizia, decidono di formare una nuova coppia per avere dei figli; avranno un figlio, Gustavo.
Anche Giuseppina trova un nuovo compagno, si chiama Fabrizio e ha 3 figli, Mariangela, Valentina e Leonardo, anche loro adolescenti. Avrà una figlia con lui, Aurelia.
Mario non vuole perdere il rapporto con Giorgio e Valeria, per cui i due figli frequentano il padre Mario, ma anche tutta la composizione familiare complessa: devono infatti abituarsi alla nuova compagna Patrizia e al nuovo fratellino Gustavo, ma, vivendo a settimane alterne con entrambi i genitori, devono anche adattarsi a Fabrizio e a Mariangela, Valentina e Leonardo, nonché alla nuova nata Aurelia.
Abbiamo descritto la situazione più appariscente, ma dietro le quinte esistono anche i nonni materni e paterni di Giorgio e Valeria, gli zii e i cugini materni e paterni, oltre che i nonni acquisiti da Patrizia e gli zii e cugini a lei legati, e i nonni, zii e cugini riferiti a Fabrizio. Stiamo disegnando una popolazione parentale fino a poco tempo fa sconosciuta, a cui ancora non si sa dare un posto, una funzione.
Possiamo immaginare che Valeria e Giorgio siano sgomenti di fronte a tanta abbondanza di parentele acquisite, oppure anche incuriositi e arricchiti da tanti legami familiari nuovi. Sicuramente dobbiamo ipotizzare che il loro posto e la loro dimensione, nonché la loro identità di adolescenti in crescita, siano non poco messi in discussione: quale è la loro “vera” famiglia? Quali sono i confini? Di chi sono “più figli”? A chi devono dedicare il loro affetto e da chi devono aspettarsi protezione e priorità di interesse?
Una tale costellazione familiare ricomposta ha origine da uno scollamento tra la coppia genitoriale e la coppia coniugale: Mario e Giuseppina sono sempre i genitori di Valeria e Giorgio ma non sono più coniugi fra loro; sono invece sia coniugi sia genitori con altri partners, facendo derivare una discontinuità di rapporto tra genitori biologici e figli.
I figli, Valeria e Giorgio nel nostro esempio, fanno da ponte tra un nucleo, quello del padre Mario, e l’altro, quello della madre Giuseppina. Dunque, mentre il matrimonio originario resta indelebile nei suoi effetti sui figli, la separazione genera uno scombussolamento delle reti affettive e familiari di ancora incerto esito.
Sembra di essere di fronte ad una famiglia allargata dei tempi patriarcali, ma non si tratta della stessa situazione. La famiglia patriarcale infatti era presieduta dai due patriarchi, genitori e coniugi al tempo stesso, e vigevano leggi precise su chi tra i figli doveva restare e chi andare in altre case; chi restava era in compresenza abitante con tutti gli altri membri della famiglia allargata.
Qui invece la coppia originaria che ha già avuto, come nel nostro esempio, dei figli, va a ricreare, disgiuntamente, una coppia che costruirà una nicchia abitativa e affettiva privata e separata, che potrà generare anch’essa nuovi figli.
Il fenomeno non è ancora sufficientemente studiato, soprattutto in Italia, ma dai pochi documenti che abbiamo sappiamo che in passato la causa principale di ricomposizione familiare era la morte e la vedovanza. Oggi le principali cause sono la separazione e il divorzio, in numero pari tra uomini e donne, a cui segue, rispetto al passato, una maggiore complessità nella ricomposizione dei nuclei: ai genitori biologici si aggiungono i compagni acquisiti che spesso diventano genitori loro stessi di nuovi nati, e si aggiungono i fratelli di ambo le parti portati dai compagni acquisiti.
Negli Stati Uniti il 50% di tutti i matrimoni sono rappresentati da famiglie ricomposte, il 30% in Svezia, Gran Bretagna, Danimarca, Germania.
Dagli anni Settanta in Europa si nota che sono in aumento i divorzi, sono in calo i matrimoni ma in aumento le convivenze, quasi a significare che dopo un matrimonio fallito non ci si coinvolge più in una impresa definitiva come il matrimonio, ma si cerca nella convivenza una sistemazione degli affetti soddisfacente ma anche più agile in caso di nuova crisi.
Ci si può chiedere come funzionano queste nuove famiglie nel quotidiano: quali sono gli aspetti critici e quali i punti di forza.
Su un versante l’allargamento della rete parentale costituisce una risorsa affettiva e relazionale senza eguali, nonché un miglioramento sul piano economico per il partner più debole e una gratificazione consolatoria sul piano affettivo dopo la “disfatta matrimoniale”.
Su un altro versante di polo opposto l’allargamento della rete parentale costituisce una serie di problemi e difficoltà.
Ad esempio la figura del/la compagno/a acquisito/a non ha ancora un nome definitivo, da tutti accettato, e per nominare il nuovo compagno della mamma si usa il nome delle fiabe, patrigno. Quand’anche tale nome fosse emotivamente accettato, il che non è per nulla scontato, con ciò non è ancora chiaro il ruolo che costui ha nel nuovo nucleo familiare: farà il padre con i figli già adolescenti della compagna? Farà l’amico? Il compagno di giochi e divertimenti? Oppure soltanto il partner sessuale ed affettivo della madre dei ragazzi? Il ruolo sociale, affettivo e psicologico del nuovo compagno è molto incerto, certamente lasciato a ciascuna coppia e a ciascun nucleo familiare.
Intrecciata a ciò si delinea una rete complicatissima di rapporti allargati familiari interni, i cui confini sono molto labili e non stabiliti, né da leggi né ancora da consuetudini sociali. Non esistono ancora modelli condivisi e regole, seppure implicite e non espresse, consolidate, per cui ogni iniziativa relazionale è improvvisata, trasportata dalle forti emozioni che governano il campo.
Fra queste spesso troviamo i sentimenti di rivalità e invidia tra le due donne-madri, quella della coppia originaria e quella acquisita, rivalità in genere maggiore che tra i due uomini-padri. I fratelli di origine e quelli acquisiti vivono molto spesso tra loro gelosie e invidie a volte sconvolgenti, che disturbano profondamente la crescita dei soggetti e che frequentemente si intromettono nella vita quotidiana dei giovani o bambini creando problematiche psicologiche e relazionali ancora da studiare e da decodificare.
Mi occupo da anni di centri di ascolto presso le scuole superiori e di problematiche di crescita e relazionali dei ragazzi adolescenti. Ho accumulato molta esperienza, non solo sul fenomeno adolescenziale oggi, ma anche sulle composizioni-ricomposizioni familiari e sugli effetti psicologici ed emotivi che esse generano nei ragazzi. La scuola è verosimilmente un osservatorio privilegiato, in quanto vi si concentra la popolazione giovanile, e presso i centri di ascolto, ormai diffusi in ogni istituto, si concentrano i ragazzi che portano le difficoltà di apprendimento, di relazione con coetanei e con adulti, di convivenza familiare, di modelli educativi.
Dal vertice osservativo di un centro di ascolto di una scuola, infatti, dove uno psicologo ogni giorno ascolta i giovani studenti che usufruiscono del servizio per esporre i propri problemi quotidiani, si può notare come lo spostamento da una casa all’altra per stare ora col padre ora con la madre e relativa parentela acquisita, renda l’applicazione scolastica molto a rischio e la concentrazione cognitiva molto sotto pressione.
I ragazzi infatti, oltre al superamento del trauma dell’uscita di un genitore, ad esempio del padre, devono affrontare la difficoltà dell’entrata di un nuovo compagno della madre, e devono risistemare i loro riferimenti interni, strutturali, relazionali e affettivi, tarandoli su un soggetto acquisito (ad esempio appunto il convivente della mamma) che non è detto offra garanzie di permanenza a lungo termine all’interno del nucleo già spezzato.
Inoltre i genitori biologici separati devono a lungo regolare i loro rapporti, concentrandosi sulla loro residua funzione di coppia, cioè quella genitoriale. Ciò comporta, per i due ex-coniugi, un lavoro di graduale “pulizia emotiva”, una specie di “funzione setaccio” che permetta alla coppia di resistere alle gelosie e alle invidie spesso massicce, e di concentrarsi sul bene del figlio in comune. L’alta conflittualità molto spesso fa perdere di vista la necessaria collaborazione sui reali interessi dei figli biologici condivisi.
Si può concludere dunque che i legami delle famiglie ricomposte, a differenza di quelli biologici fondati sui legami di sangue, necessitano di volontà e di intenzionalità per sopravvivere, maggiori che nelle famiglie biologiche, dove il presupposto è il legame di sangue dunque profondo e indiscutibile: nelle famiglie ri-costituite il presupposto è l’estraneità e la non-appartenenza.
Sia la gelosia, sia le rivalità, la complessità negativa, la non-appartenenza e l’estraneità, possono trasformarsi in ricchezza di legami e varietà di affetti, ma per questo è richiesta una particolare intenzione e un preciso progetto, maggiore di quelli presenti all’interno della famiglia di sangue. Normalmente le emozioni forti scatenate dall’inclusione di soggetti estranei ai legami originari generano conflitti, rabbia, solitudine, incomprensione, con gravi conseguenze sulla mente dei ragazzi in crescita e sui loro equilibri psicologici profondi.
Di fronte ad una struttura familiare nucleare interiorizzata che si rompe e si disarmonizza, si crea un male sociale e psicologico insidioso, si disfa quella rete di modelli sociali –per la maggior parte impliciti- relativi alla famiglia e alla regolazione degli affetti in cui ciascuno trovava la sua identità.
Se si potessero offrire servizi pubblici e privati in favore di famiglie di questo tipo, si potrebbero raggiungere alcuni obiettivi, tesi al miglioramento della vita emotiva dei componenti dei fluidi nuclei ricomposti.
Ad esempio si potrebbe proporre una maggiore collaborazione tra i genitori biologici sul rispetto della nuova coppia ricomposta, che acquisirebbe così dignità di esistenza e libertà affettiva; oppure una maggiore apertura al genitore acquisito di spazi genitoriali ed educativi; inoltre si potrebbe sostenere la costruzione di una coalizione genitoriale tra genitore biologico e genitore acquisito sui rispettivi ruoli verso i figli, propri ed acquisiti; infine si potrebbe promuovere una consapevolezza circa i confini flessibili dei nuclei familiari nuovi, per favorire la pluriappartenenza, sia dei giovani sia degli adulti, ai differenti nuclei dalla parte materna e dalla parte paterna.
I molti lavori con genitori di ragazzi adolescenti che ho tenuto in questi anni presso diverse strutture mi hanno aiutata a comprendere il fenomeno così complesso delle separazioni e delle ri-composizioni familiari.
Le riflessioni e le esperienze di questi genitori ci danno dei suggerimenti per altri laboratori a tema, e suggeriscono proprio a noi operatori che ci sarà molto da studiare, da approfondire e da conoscere in questa realtà nuova delle famiglie non solo separate ma anche, poi, ricomposte.
Il fenomeno come ben si vede sta dunque appassionando molti operatori sociali che lavorano in punti strategici dell’osservatorio sociale (psicologi dell’adolescenza, della famiglia e scolastici, educatori, docenti di ogni ordine, sociologi, legali): essi stanno notando il sottile insinuarsi di nuovi scenari sociali che avranno ripercussioni psicologiche, relazionali, legali e progettuali molto potenti, e per ora imprevedibili, sulle generazioni a venire.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Van CUTSEM (1998), Le famiglie ricomposte. Presa in carico e consulenza, Raffaello Cortina Editore, Milano 1999.
L. ZANATTA (2008), Le nuove famiglie, Il Mulino
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