I linguaggi della psicologia analitica
SEMINARIO ONLINE 24.9.2022
I LINGUAGGI DELLA PSICOLOGIA ANALITICA
Ciclo formativo Organizzato da CIPA Centro Italiano di Psicologia Analitica 1° incontro
Relatrici dott.ssa Giuliana Bitelli, dott.ssa Chiara Ripamonti
IL LINGUAGGIO SIMBOLICO ANALIZZATO ATTRAVERSO DIVERSE MODALITA’ ESPRESSIVE (ONIRICA, GRAFICO-CREATIVA, SAND PLAY): DALLA TEORIA ALLA DIAGNOSI E CURA
a cura di Giuliana Bitelli
Buongiorno a tutti!
Sono Giuliana Bitelli, sono Psicoterapeuta Espressiva specializzata in Arteterapia, sono Psicodrammatista e specialista in Sand Play Therapy.
Lavoro con pazienti singoli e con gruppi; faccio parte di gruppi di studio e ricerca della SPT (Sand Play Therapy); uso diverse metodologie cliniche: il dialogo verbale, l’analisi dei sogni, l’Arteterapia, il Gioco della Sabbia, l’Immaginazione attiva, lo Psicodramma Analitico Individuativo. Le considero metodologie integrabili che si arricchiscono vicendevolmente.
Vi ringrazio di essere presenti a questo incontro che si annuncia ricco di suggestioni, temi e stimoli, non solo sul piano dei contenuti riguardo al simbolo e all’archetipo e alla loro efficacia nel percorso terapeutico/analitico, ma anche sul piano della varietà dei linguaggi simbolici, i rivelatori di inconscio possiamo chiamarli, che compariranno in questo intervento e cioè il sogno, il linguaggio grafico-creativo-pittorico, la Sand Play.
Ringrazio la dott.ssa Ripamonti di avermi invitata a questo seminario, un’occasione preziosissima per fermarsi, ripensare al lavoro clinico, ri-immergersi nelle emozioni delle sedute e nelle dinamiche tra paziente e terapeuta: c’è bisogno di questi momenti riflessivi e di confronto.
Vorrei essere sintetica ma allo stesso tempo riuscire a consegnarvi il messaggio della potenza trasformativa del simbolo e dell’immagine simbolica nei processi di individuazione.
Farò dei piccoli quadri teorici che non hanno la presunzione di essere esaustivi o definitivi o completi ma piuttosto sono delle pennellate che faranno riferimento anche ad autori che più compiutamente hanno parlato altrove del tema, e soprattutto questi quadri teorici saranno come cornici di riferimento per ciò che ci scambieremo oggi.
Programma dell’intervento:
potere trasformativo del simbolo in scene cliniche, in diversi contesti di linguaggio dell’inconscio:
Sogno
Disegno/arteterapia
mandala
Sand Play
sintomo che si trasforma in simbolo
Per ciascuna di queste modalità espressive, vedremo una scena clinica in cui vedremo il simbolo presentarsi e agire profondamente fino a portare al cambiamento, intrecciandosi con l’archetipo.
Vedremo delle immagini e toccheremo con mano cosa significa per un’immagine “caricarsi di vibrazione emotiva e di Senso”.
Mi addentrerei subito quindi in ciascuno di questi temi.
PARTE TEORICA
- Simbolo
- Archetipo
- Sé
- Segno-Simbolo
- Sogno
- Arteterapia
- Mandala
- Sand Play
- Sintomo e Simbolo
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1. Simbolo
Dio si avvicina all’uomo nella forma di simbolo. A noi si rivela come immagine psichica cioè come simbolo (JUNG, 1950, Gli archetipi e l’inconscio collettivo, Opere n° 9*).
Quando una persona riesce a sperimentare un’immagine simbolica fa un’esperienza ineffabile, travolgente, emozionante; naturalmente l’immagine portatrice di simbolo è indispensabile. Il simbolo entra nel mondo dell’esperienza umana e, specialmente quando porta un senso archetipico universale, investe l’individuo per intero, coinvolgendo tutte le sue funzioni: la sensazione come il pensiero, l’intuizione come il sentimento. Arriva come forma multidimensionale: visiva acustica, tattile, motoria, ideativa, emotiva, comportamentale (WIDMANN, 2017, Archetipi. Gli universali che ci determinano). Vi posso assicurare che i pazienti di cui vi mostrerò le immagini e le esperienze trasformative e simboliche (e poi tanti altri…) hanno sperimentato proprio questo investimento totale.
Il simbolo diventa il mio signore e sovrano infallibile… il cui piacere si irradia all’esterno come un fuoco fiammeggiante. Nella misura in cui io mi sprofondo nel simbolo, il simbolo stesso mi trasforma dal mio Uno nel mio Altro, il mio diverso, il mio nuovo. Sarà il simbolo a nascere in me. (JUNG, 2009, Libro Rosso).
Noi spesso siamo investiti dal simbolo, e, soprattutto quando è archetipico, siamo colpiti dal suo potere trasformante e trasfigurante. Infatti il simbolo, quando è propriamente tale, è sempre una realtà operante.
Il simbolo è un trasduttore energetico dall’inconscio alla coscienza. Investendo la coscienza, il simbolo del profondo la provoca, la smuove, la costringe alla trasformazione.
Come precisa van Der Post, Jung attribuisce ai simboli un significato denso di contenuti: essi appaiono all’improvviso come fulmini o transitano come meteore attraverso il buio dell’inconsapevolezza umana. Essi vanno oltre la comprensione dell’intelletto e sono promotori di un nuovo, grande Senso trasformatore. I simboli sono stati per Jung le forze dinamiche più potenti che abbia esplorato.
Era certo che il declino e la perdita di significato del mondo intorno a lui fosse dovuto in certa misura alla crescente incapacità dell’uomo moderno di farsi guidare dal simbolo (Van der POST, 1976, Jung e la storia del nostro tempo).
Quando un oggetto-simbolo cessa di essere inconsciamente investito di energia psichica, cessa di essere simbolo col suo spessore contenutistico e torna a essere oggetto concretistico o rappresentante convenzionale di qualcos’altro, solo “cosa”. (WIDMANN, 2017, Archetipi. Gli universali che ci determinano).
In questo caso si spegne ogni carica emozionale, pulsionale, operativa; l’oggetto si svuota di energia oltre che di contenuti. Nel momento in cui il simbolo perde la carica libidica a tonalità affettiva in quanto ha svelato il suo significato, perde la sua funzione trasformativa del profondo e diviene segno, anaffettivo e generico.
Nelle scene cliniche che vedremo incontreremo solo simboli vivi, anche se nel vederli e nel sentirli raccontare da me qualcuno potrà sentirli vuoti emotivamente e non potrà rifare la stessa esperienza vibrante del paziente di cui racconterò (questa è la difficoltà di raccontare il potere trasformativo di simboli incontrati da altre persone).
2. Archetipo
Vediamo come possiamo definire l’archetipo (citato in associazione al simbolo), e vediamo come comprenderne il senso profondo e le sue implicazioni non solo nella nostra vita ma ora nello specifico nei casi che vedremo insieme.
Il simbolo è l’espressione di un archetipo inconscio non altrimenti esprimibile che dall’immaginario, dice Jung seguito poi da molti tra cui Widmann.
Il concetto di archetipo, che è un indispensabile correlato dell’idea e della realtà di inconscio collettivo, indica l’esistenza nella psiche di forme determinate che sembrano essere presenti sempre e dovunque.
Si tratta di un sistema psichico di natura collettiva, universale e impersonale, identico in tutti gli individui, ereditato.
Questo sistema si situa oltre alla nostra coscienza immediata, e arriva a ciascuno di noi e alla nostra coscienza senza il nostro controllo e la nostra volontà, ma “si incarna” psichicamente in ciascuno di noi, prende una forma psichica soggettiva, coerente con la struttura psichica che ciascuno di noi porta.
I prodotti inconsci dunque sono spesso di natura certamente archetipica.
In ogni psiche sono presenti, inconsci e ciononostante attivi, cioè vivi, influenzano i nostri pensieri, sentimenti, azioni (JUNG, 1934-54, Gli archetipi e l’inconscio collettivo).
Siamo dunque immersi in una sorta di “patrimonio psichico dell’umanità” che consiste di forme originarie, gli archetipi, strutture psichiche universali preesistenti.
Come si manifesta un archetipo: Ne caratterizza e ne testimonia l’emergere l’intensità e anche la violenza delle emozioni che si accompagnano al suo irrompere nella coscienza, qualcosa di simile a ciò che abbiamo detto circa la comparsa del simbolo: i due infatti si incontrano nel profondo di noi stessi e si intrecciano poi nella nostra coscienza.
Quando si manifesta: L’archetipo è inconoscibile in sé; si rende però visibile solo attraverso le sue rappresentazioni di temi universali comuni a tutti gli individui di tutte le epoche; quindi l’archetipo ha bisogno di essere rappresentato, e questo avviene soprattutto nei miti, nelle leggende, nei temi religiosi; a livello individuale invece si manifesta nei sogni, nelle fantasie inconsce, nei racconti, nei giochi, disegni, ricordi o azioni che fanno parte della vita quotidiana (SCATEGNI, 2001, Nel sogno attraverso il teatro), e anche nei sintomi quando un soggetto si ammala.
Come dice Hillman, l’archetipo, immagine a priori che inconsciamente sta dentro di noi, e ha bisogno dell’immagine, anzi sta è nell’immagine (1983, p. 92), quella che poi si trasferisce in una rappresentazione.
L’archetipo dunque è un “a priori” di modelli di comportamento o schemi psichici. Quando pensiamo qualcosa, sentiamo e proviamo un’emozione, ci comportiamo in un certo modo, sogniamo, un archetipo viene costellato, si accende, possiamo dire. In quel momento “si incarna” in noi che stiamo agendo in quella specifica modalità e si manifesta: con una metafora: atterra nel nostro terreno psichico.
Tutto questo lavoro che faremo insieme di esplorazione di immagini e sintomi di soggetti in analisi, è fondamentalmente l’incontro con gli archetipi trasferiti, incarnati, tradotti in immagini sensibili e percettibili.
Vi anticipo i principali archetipi che vedremo: temi universali
- La madre vorace cannibale e drago che divora,
- La madre buona che accoglie e salva
- La madre abbandonica che non offre attaccamento sano e forte
- Il Sé
- La coppia simbiotica
- La Coppia feconda
3. Sé
Il Sé è il più importante di tutti gli archetipi, e rappresenta, come l’Io per la coscienza, il punto di riferimento per la psiche inconscia.
Nella terminologia junghiana il Sé è il centro della personalità intorno a cui si raggruppano tutti gli altri sistemi psichici (inconscio, Io, ecc.). Il Sé li mantiene uniti e dà alla personalità l’equilibrio, la stabilità e l’unità. In quanto totalità psichica, il Sé possiede tanto un aspetto cosciente quanto un aspetto inconscio. Compare nei sogni, nei miti e nelle immagini di fiabe (re, eroi, salvatori, bambini prodigiosi, o animali dotati di particolari caratteristiche), oppure si manifesta attraverso i simboli della totalità (come il cerchio o una sintesi di opposti, il quadrato, la croce, ecc. o attraverso le immagini dei Mandala). In ogni caso ogni cosa, piccola o grande, umile o nobile, può diventare il simbolo del Sé a seconda della situazione di coscienza dell’individuo (JUNG, 1921, Tipi psicologici – Definizioni).
Ricordiamo il famoso e commovente sogno, forse il più evocativo della sua lunga vita, in cui appare a Jung un’isola splendente sotto il sole con al centro una splendida magnolia in piena fioritura con fiamme rossastre che si aggiungono alla luce del sole: una vera isola-Sé con un albero della vita in fiore.
Si tratta non certo di un concetto filosofico ipostatizzato, bensì di una vera e propria esperienza che, soprattutto durante un’analisi, si può toccare con mano nei sogni, nei disegni, nelle sabbie, nella reale trasformazione dei sintomi in simboli, nelle immagini -anche simbolo di totalità- disegnate, evocate, immaginate, sognate.
La ricerca del proprio Sé può durare anche tutta la vita, occupa la psiche di un individuo in ricerca per tutta la durata della sua esistenza. Il Sé dunque non è mai definito o finito o definitivo, ma si raggiunge a tappe: è possibile che le varie fasi della vita corrispondano a parziali e provvisorie scoperte del Sé che, nel processo di individuazione susseguente, si completerà.
4. Segno-Simbolo
I simboli sono diversi dai segni, i segni sono abbreviazioni / successione di iniziali / immagini / emblemi / insegne / loghi. Essi hanno acquistato un significato nel linguaggio comune o per un intento convenzionale. I segni hanno il compito di denotare oggetti / azioni / luoghi / direzioni / concetti. I segni parlano a tutti, sono utili indicatori per tutti (tutti quelli che conoscono l’area a cui si riferiscono). ES.: il semaforo rosso verde giallo e le immagini sotto.
I simboli al contrario rinviano a un significato più ampio, non immediatamente ovvio e non comune a tutti; un significato che proviene dall’inconscio e intreccia inconscio a una quota di conscio e di rivelazione alla coscienza, e include una buona quota emotiva. Essi si rivelano alla coscienza di un soggetto che lo cerca, lo costruisce, lo scopre, gli si rivela.
I simboli valgono per i singoli, ma possono essere condivisi e compresi da molti grazie all’inconscio collettivo che fornisce un linguaggio universale.
I simboli implicano qualcosa che sta al di là del loro significato ovvio e immediato, rinviano a un senso più ampio che attinge dall’inconscio: non sono mai definiti con precisione e compiutamente spiegati.
Noi oggi ci occupiamo di simboli, di immagini simboliche e del loro potere curativo (e prognostico nell’intervento successivo) e trasformativo a livello profondo.
5. Il Sogno
Di tutto ciò che si è detto del sogno e di tutto ciò che l’uomo si è chiesto fin dall’antichità di fronte al mistero del sogno diciamo solo alcune pochissime cose che terremo come riferimento per il nostro discorso clinico.
- Il sogno è stoffa tessuta dall’inconscio (RESNIK, Il teatro del sogno).
- Tutto quel buio respira. (GUALTIERI, Le giovani parole).
- Di notte è il sogno che mi ha, ma al mattino io dico: ho fatto un sogno. In realtà è il sogno che fa me (HILLMAN, 1979, Il sogno e il mondo infero).
- Il sogno passa il filtro della memoria con un lavoro di ri-membranza (RESNIK, Il teatro del sogno) ed esce dalle profondità oscure del non-senso. La massa notturna viene “impastata”, e poi ricomposta in un ordine nuovo, offerta prima alla memoria, poi al racconto delle immagini oniriche, alla decodifica interpretativa, infine alla coscienza che la interiorizza e profondamente si trasforma.
- Da sognatori siamo registi attori spettatori e anche critici della scena onirica (Jung e poi molti altri)
- I sogni usano un linguaggio simbolico e criptato, figurativo, usano simboli che diventano tali quando la coscienza li accoglie e li comprende (GARZONIO, 2001, Sogno, gioco, progetto).
6. Disegno
Nell’arteterapia il disegno rappresenta uno dei linguaggi dell’inconscio, porta all’esterno contenuti psichici non esprimibili con parole razionali; attraverso forme, colori e posizioni nel foglio di supporto, pressione della mano, scelta dei materiali e dimensione della scena finale, trasduce emozioni e conflitti profondi attraverso una forma creativa in cui il soggetto si immerge per poi riemergerne nutrito e gratificato. La scena offerta allo sguardo congiunto di autore e terapeuta apre le porte alla costruzione di senso e di simbolo.
7. Il Mandala
È uno specifico disegno che rappresenta fin dall’antichità un rito di meditazione e concentrazione, immersione nel sacro: i monaci buddisti lo costruivano a terra con polveri colorate e poi lo dissolvevano. Era ed è un’esperienza interiore.
I mandala sono spazi sacri che rappresentano l’universo e la totalità, sono un condensato di simboli. Il sostantivo mandala è una voce del lessico sanscrito, che indica un oggetto, principalmente sacro, di forma rotonda, mistico.
Il disegno del mandala è entrato in uso da parte di terapie espressive che utilizzano la grafica e il disegno, e anche ultimamente la musica, come linguaggio comunicativo, dopo che Jung stesso ha dimostrato la loro efficacia terapeutica.
La rappresentazione mandalica, simbolo potente dell’antichità, è assunta dalla psicologia e utilizzata dalla clinica analitica proprio per il suo carattere di portatore di significati di unione, ordinamento del caos, “con-centrazione” sul centro, individuazione di uno spazio segreto e sacro: sembra che tutto questo possa rappresentare e stimolare terapeuticamente un processo di individuazione e scoperta del Sé, possa smuovere aspetti nascosti e pietrificati del soggetto, e possa contribuire alla sua “liberazione”.
Jung ha sperimentato con molti pazienti l’utilizzo del mandala come momento di evoluzione terapeutica. In molti suoi saggi fornisce un commento avvincente relativo sia ai mandala emersi nei sogni dei suoi pazienti nel corso del trattamento individuale, sia ai mandala prodotti dall’immaginazione attiva e poi disegnati.
Il loro scopo è quello di produrre un ordine interiore. Infatti i pazienti li sognano o li disegnano, spesso immediatamente dopo stati caotici, disordinati, conflittuali, accompagnati da angoscia. I Mandala esprimono dunque l’idea di un sicuro rifugio, della conciliazione interna, della totalità (JUNG, 1950, Il Simbolismo del Mandala).
8. Sand Play Therapy
Come sappiamo si basa sull’inestimabile valore terapeutico del gioco: è la rappresentazione tridimensionale e materica di una situazione psichica. Il conflitto psichico viene trasposto dal mondo interno all’esterno e reso visibile al soggetto stesso e al suo terapeuta, e poi va a influenzare la dinamica dell’inconscio agendo sulla psiche, trasformandola. (Kalff, 1966, Il gioco della sabbia e la sua azione terapeutica).
9. Sintomo e Simbolo
Anche il sintomo è un linguaggio dell’inconscio che segnala un’area di sofferenza: essa trova la strada per manifestarsi, come un grido di aiuto che cerca rimedio e consolazione. I sintomi, dalle mille manifestazioni, per lo più corrispondono a una mancanza di dinamismo interiore, a sentimenti spesso depressivi e di inconsistenza, oppure di rabbia o confusione caotica; all’abbassamento della dimensione simbolica, al blocco dell’immaginazione e della progettualità, al ristagno emotivo e addirittura fino alla frammentazione di parti scisse. L’apparizione del sintomo è fondamentale per iniziare un lavoro psicologico intenso di collaborazione e dialogo tra intenzionalità-coscienza e quel lavorìo silenzioso e inconscio delle immagini simboliche che in apparenza agiscono spontaneamente. Quando lavorano insieme, sintomo e simbolo dinamizzano il processo di trasformazione psichica del profondo operando un ricongiungimento interiore di parti separate e giungendo a un nuovo senso: essi si costituiscono come unità e, insieme, diventano il “guaritore interno” di ognuno di noi.
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ESEMPI CLINICI
- sogno di Anna
- disegno di Chiara
- mandala di Letizia
- sabbia di Viola
- sintomo di Silvia
Per ciascuna scena clinica focalizziamo un oggetto, un pensiero, un sintomo, un disegno, una scena realizzata o immaginata, diventati altamente simbolici e fortemente trasformativi del profondo del paziente.
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1 – SOGNO DI ANNA – Oggetto simbolico sognato in un sogno di inizio analisi: casa che brucia + incontro con la nonna materna che salva dalle fiamme nello scantinato di mattoni nudi della casa. Nucleo analitico: perdita e assenza della madre (a livello emotivo e di attaccamento) x la malattia mortale della sorella. Per tutta la vita vive la certezza di non avere avuto mai l’esperienza materna di accudimento e tenerezza. Alla fine dell’analisi Anna scopre che è stata la nonna materna a salvarla dal terreno bruciato della madre assente, occupata con la malattia mortale della sorella. Nel sogno la scena si è caricata emotivamente ma è rimasta non illuminata dalla coscienza, non ha raggiunto un Senso, si è depositata nel pre-conscio della paziente fino alla fine dell’analisi; a quel punto la paziente ha avuto un fortissimo insight caricato energicamente ad alto livello e ha riconnesso il sogno di inizio analisi -col salvataggio della nonna da parte sua-; ha usato questo simbolo (o meglio: questo simbolo le è arrivato in soccorso) -rimasto in incubazione 6 anni, tutta la durata della terapia- per disseppellire un grande rimosso: nella realtà della sua vita è stata la nonna a salvare la bambina dall’abbandono emotivo della madre (che con una figlia a rischio di morte ha fatto ciò che ha potuto), occupandosene, cullandola, sostituendosi alla madre naturale. La donna allora per la prima volta ha potuto prendere coscienza che anche lei è stata amata teneramente, e che la tenerezza data ai propri figli l’aveva attinta da una fonte lontanissima ma vera. Archetipi: Madre buona e accogliente, Madre abbandonica
2 – DISEGNO DI CHIARA – Immagine simbolica: l’abbraccio avvinghiante del mostro divorante che poi si trasforma in abbraccio di Chiara del mondo, dove lei può toccare ogni cosa e amarla anziché fare come il mostro-drago interno che dilania e distrugge ogni energia vitale. Nucleo analitico: trauma di sradicamento dalla famiglia di origine e trapianto nella famiglia parentale sostitutiva e poi adottiva. La terzogenita era considerata un “di troppo” per le umili condizioni della famiglia di origine; i due padri hanno combinato il trasferimento della piccola ancor prima che nascesse e hanno realizzato l’affidamento, appena concluso l’allattamento, a pochi mesi dalla nascita. La donna per tutta la vita, pur avendo avuto matrimonio, nascita di due figli, studi, professione e amici, non ha mai elaborato a livello emotivo il fatto di cui è venuta a conoscenza da quando aveva 10 anni. Il trauma era rimasto “congelato”. Il disegno del mostro ha agganciato il trauma originario, si è caricato di emozioni fortissime e ri-traumatizzanti, e poi poco alla volta si è trasformato nel secondo disegno, anch’esso carico simbolicamente ma di altri significati nuovi: Chiara può abbracciare il suo mondo prezioso e non schiacciarlo, può accogliere nuove esperienze e persone, può godere della moltitudine delle sue esperienze. Archetipi: Madre drago (madre adottiva), Madre abbandonica (madre biologica), Madre accogliente (se stessa).
3 – MANDALA DI LETIZIA – Figure del mandala altamente simboliche, aiutano a trasformare il vissuto negativo della paziente verso il padre molestante e lo riabilitano emotivamente agli occhi nuovi di Letizia. Nucleo analitico: è la scoperta (o ri-scoperta attraverso la figlia) dei comportamenti catalogati come “fastidiosi” del padre durante la sua infanzia, adolescenza e adultità. Abbiamo detto della funzione di unione, ordinamento del caos, individuazione di uno spazio segreto e sacro del mandala. Tutto il trauma della scoperta del comportamento non corretto del padre con lei e del nonno con la nipote viene calmato, ordinato e significato dal disegno -che dura tanto tempo e tante sedute in successione- e dai suoi moltissimi simboli, fino a che Letizia può vivere un sentimento nuovo verso il padre di accoglienza e di tenerezza. Archetipo: “uomo nero” minaccioso opposto del senex.
4 – SABBIA DI VIOLA – Oggetto simbolico triplo costruito nella sabbia quasi finale: cerchio della rabbia e ponte dell’incontro re e regina. Costruisce questa scena dopo un sogno notturno dove un collega la investe aggressivamente e lei reagisce con molta angoscia; nella sabbia vuole ricostruire il sogno dove lei è prigioniera della rabbia del collega, ma appena realizzato il cerchio della rabbia ha un insigth: quello in mezzo al cerchio non è il collega ma il marito: è lui e quelli intorno sono aspetti aggressivi e rabbiosi di lei stessa che scopre così di odiare il marito, di averlo sempre odiato da quando “l’ha sposata”; lo odia perché l’ha separata dalla madre da cui non riesce a staccarsi pena sensi di colpa fortissimi. Solo dopo può costruire la scena del ponte e del matrimonio, l’unione di re e regina. Nucleo analitico: Viola porta il vaginismo e l’impossibile unione col marito, Viola è bloccata nella fedeltà alla madre e nel legame simbiotico con lei —> coppia vincente non è la coppia coniugale ma è la coppia madre-figlia. I simboli hanno permesso il passaggio dal rifiuto anche fisico del marito (sintomo di vaginismo) alla relazione di unione col marito, scoperta e vissuta per la prima volta 8 anni dopo il matrimonio fino al concepimento di figli e un progetto coniugale —> infedeltà evolutiva dalla madre: la coppia madre-figlia si rompe e lascia il posto alla coppia coniugale: il re e la regina si sposano finalmente. Archetipi: Madre simbiotica (madre di V), Vergine (Viola prima del matrimonio tra re e regina), Coppia feconda (Viola e marito).
5 – SINTOMO DI SILVIA – Oggetto simbolico: disegno del sintomo: paura delle zecche —-> diventa simbolo, altra destinazione del contenuto inconscio (WIDMANN Simbolo e sintomo 2012). Nucleo analitico: il terrore di essere contaminata da sostanze ritenute nocive, animali pericolosi come le zecche, odori, cibi, ecografie e lastre, vaccini: il sintomo di ossessione persecutoria assume il significato complesso e profondo di timore di essere toccata e intossicata dalla madre e dalle sue regole inflessibili che non tengono conto di lei; si tratta di un terrore profondo -e inconscio- di deragliare dalle regole materne ferree sotto-soglia (non ti accoppiare con un uomo, stai con me, ti devo controllare, se fai come ti dico farai sempre bene, voglio esserti superiore); una paura di essere punita da un esterno infido se avesse disubbidito = lealtà a oltranza alla madre, lealtà frenante l’individuazione; grazie ai simboli disegnati e intrecciati con gli Archetipi, S trasforma il sintomo iniziale in accettazione del contatto con cose e persone prima nocive e persecutorie; più tardi, in concomitanza con la diagnosi di malattia letale della madre, riesce a trasformare il suo sintomo iniziale addirittura in una capacità empatica verso di lei e nella possibilità di un contatto libero, anche fisico. Archetipi: Madre cattiva che non accoglie i suoi figli (madre di S), Madre accogliente (se stessa).
IMMAGINI
2. Disegno di Chiara
3. Mandala di Letizia
4. Sabbia di Viola
5. Sintomo di Silvia
CONCLUSIONE
L’integrazione di diversi approcci al linguaggio simbolico arricchisce la ricerca del significato della dimensione simbolica. Forma come una specie di spettro caleidoscopico.
Le emozioni di scoperta del simbolo coinvolgono anche il terapeuta, il testimone delle rivelazioni.
Posso a questo punto condividere con voi la mia gratitudine verso i pazienti che si sono affidati a me per avermi aperto le porte dei misteri più profondi dell’uomo: gli archetipi e i simboli “incarnati”, che io ho potuto vivere e condividere con loro e non soltanto leggere sui libri.
GRAZIE A TUTTI
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