Disturbi dell’alimentazione nell’età evolutiva
I disturbi dell’alimentazione riguardano il rifiuto o al contrario l’assunzione eccessiva di cibo, o in alcuni casi l’assunzione di materiale non edibile come fosse cibo (pica).
Nell’infanzia è molto frequente incontrare alcune difficoltà nell’alimentazione, molto spesso sotto forma di un comportamento capriccioso che impedisce un’adeguata assunzione di nutrimenti. Ma questo non necessariamente si caratterizza come patologico. Perché si possa pensare ad una patologia il rifiuto di cibo o la sovra-alimentazione devono interferire significativamente con lo sviluppo, l’acquisizione di peso, o compromettere il funzionamento fisico, intellettivo e sociale del bambino.
Sintomatologia: come si manifestano i disturbi dell’alimentazione?
I disturbi dell’alimentazione possono essere di diverso tipo e possono presentarsi con diversa frequenza nelle differenti classi di età coinvolte. Ad esempio il rifiuto del cibo, spesso accompagnato da capricci, è più frequente nella primissima infanzia; anoressia e bulimia si presentano più di frequente in adolescenza o preadolescenza; la pica è un fenomeno più presente durante la prima infanzia. Tuttavia a volte essi possono presentarsi in età in cui normalmente sono meno comuni, oppure alcuni disturbi possono consolidarsi ed essere presenti in età successive o anche in età adulta.
Il rifiuto del cibo o la sua assunzione insufficiente sono caratterizzati da un apporto nutritivo e calorico non soddisfacente, che può condurre ad una perdita di peso (o mancato raggiungimento del peso atteso durante la crescita), a carenze nutritive che devono essere compensate in altro modo, e a una compromissione del funzionamento psicosociale. Può manifestarsi come una mancanza di interesse per il cibo, o un rifiuto del cibo in base alle caratteristiche sensoriali di questo (colore, odore, ecc.), o una preoccupazione eccessiva rispetto alle conseguenze dell’assunzione del cibo. Questo tipo di disturbo non è legato ad altri disturbi quali anoressia, e non è presente un disturbo nella percezione della propria immagine corporea. Un’assunzione insufficiente di nutrimenti può compromettere lo sviluppo del bambino ed lo sviluppo adeguato delle sue funzioni cognitive, emotive e sociali.
Diverso è il caso dell’anoressia nervosa, in cui c’è invece un impegno a non assumere cibo al fine di mantenere un peso corporeo significativamente basso; c’è inoltre una costante e intensa paura di guadagnare peso ed un costante tentativo di intraprendere qualunque attività possa contrastare un aumento di peso; c’è infine una dispercezione corporea, per cui l’immagine del proprio corpo ed il proprio peso vengono percepiti in modo alterato, senza consapevolezza della eventuale gravità di un peso corporeo eccessivamente basso. Questo disturbo è più frequente nei preadolescenti e negli adolescenti, anche se negli ultimi decenni l’età di insorgenza del disturbo si sta notevolmente abbassando.
La bulimia nervosa è invece caratterizzata dall’assunzione in un determinato tempo (ad esempio un paio d’ore) di una quantità di cibo superiore a quella che normalmente ci si aspetterebbe da parte di un individuo della stessa età e fisicità in circostanze simili, ed è soprattutto caratterizzata da una sensazione di mancanza di controllo sull’episodio stesso. Spesso è seguita da un insieme inappropriato di comportamenti compensativi volti a contrastare l’aumento di peso, quali vomito, uso di lassativi, esercizio eccessivo, ecc.
La pica è caratterizzata da una assunzione continuativa per almeno un mese di sostanze non alimentari (ad esempio terra, intonaco sbriciolato dal muro, pezzettini di carta, talco), non dovuta ad altri disturbi quali autismo, disturbi intellettivi, o altro. Il disturbo deve essere diagnosticato dopo i due anni di età, in quanto prima potrebbe essere confuso con la normale attività di esplorazione che i bambini più piccoli fanno portando tutto alla bocca, il che a volte può concludersi in una involontaria ingestione.
Il vissuto soggettivo. Come si sentono i bambini con disturbi dell’alimentazione?
I bambini che rifiutano il cibo possono apparire molto irritabili e difficili da contenere durante il momento dell’alimentazione. Le interazioni tra bambino e genitori diventano di conseguenza più difficili, e possono andare ad esacerbare l’irritabilità. Il bambino può essere pervaso da ansie, paure, rabbie, ma spesso non ha ancora sviluppato una sufficiente capacità simbolica per esprimerle verbalmente e quindi lo fa attraverso il comportamento.
Il rifiuto del cibo potrebbe essere connesso anche ad un’ansia residua conseguente ad un precedente problema organico a livello intestinale, della bocca o che coinvolgeva la deglutizione o l’evacuazione; una volta risolto il problema fisico potrebbe rimanere una piccola quota d’ansia a causa dell’associazione inconsciamente fatta dal bambino tra assunzione di cibo e dolore dovuto alla precedente patologia.
Nel caso dell’anoressia invece ci può essere una costante preoccupazione per il peso, per le calorie ingerite, per le calorie bruciate. Il cibo, anche se viene allontanato in vario modo il più possibile dalle pratiche quotidiane degli anoressici, rientra in modo intenso e disturbante nei loro pensieri, che appaiono spesso quasi “colonizzati” dal pensiero connesso al cibo e, soprattutto, al suo evitamento. È forte il desiderio di mantenere il controllo (spesso non solo sul proprio peso, ma su tutto: sulle attività, sulle relazioni e sugli altri, sul pensiero) e allo stesso tempo la sensazione di perdere il controllo. Anche nei bulimici è frequente il vissuto di perdere il controllo, che si manifesta prepotentemente nelle abbuffate, ma che viene vissuto anche al di fuori di queste.
Diagnosi e terapia
Molto spesso alla base dei diversi disturbi alimentari ci sono disturbi interattivi, disturbi nella relazione con le figure di accudimento (genitori o altri significativi). Il momento della nutrizione rappresenta infatti anche un momento di intimità, soprattutto nella primissima infanzia, tra bambino e figura di accudimento; favorisce l’instaurarsi di una reciprocità relazionale, di uno scambio interattivo, e di una prima costruzione dell’immagine di Sé. Quando questi momenti vengono resi problematici, magari a seguito di una normale fase evolutiva del bambino, la modalità di risposta del genitore potrà andare a sostenere un superamento del problema oppure un suo consolidamento. Se si instaura a questo punto una condizione di ansia, di tensione, legata allo stress che il momento della nutrizione inizia a portare con sé, allora il bambino potrebbe difendersi andando a consolidare proprio il rifiuto dei momenti per lui più problematici, e quindi il rifiuto del cibo. Il rifiuto del cibo è molto presente soprattutto quando non si è ancora sviluppata la capacità simbolica, e quindi le emozioni più forti, la rabbia, la paura, vengono espresse attraverso il comportamento, anziché attraverso parole, disegni, giochi. Al contrario può invece anche capitare che un bambino che non si senta sufficientemente accudito e accolto dai genitori vada a compensare questa carenza cercando conforto e rassicurazione nel cibo.
Ci sono quindi notevoli possibili risposte psicologiche e comportamentali alle diverse situazioni, in quanto dipenderanno dalla storia precedente del bambino, della famiglia, dalle risorse disponibili in entrambi e dalle modalità di gestione dello stress di ciascuno. È quindi fondamentale una diagnosi che consideri tutti questi elementi, nonché possibili disturbi emotivi connessi o meno al disturbo dell’alimentazione per poter strutturare un intervento adeguato alla specifica situazione presa in esame. Bisogna infatti ricordare che spesso si riscontrano tratti ansiosi o depressivi correlati ai disturbi dell’alimentazione, e anche questi vanno indagati per poter offrire la risposta terapeutica più adeguata.
Per maggiori informazioni sui disturbi dell’alimentazione in età evolutiva, contatta il CPP – Centro di Psicologia e Psicoterapia di Torino
BIBLIOGRAFIA
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